Anche
noi di ALBA abbiamo partecipato con entusiasmo all'affollata
assemblea dell'8 settembre a Roma, indetta con il documento “La via
maestra”. Non era affatto scontato che il mondo che si era trovato
a Bologna il 2 giugno fosse capace di dare continuità a quella
giornata. Altre volte non era successo.
Nutrivamo
anche qualche timore. Quello che le attese di nuova soggettività
politica fossero eccessive e soffocassero sul nascere la paziente
costruzione di un tessuto aperto e inclusivo. Ma soprattutto, che
lo spazio politico da costruire, venisse limitato
solo a un discorso culturale di sfondo: quasi
l'elaborazione di una agenda di temi da offrire, facendo pressione ai
soggetti politici già esistenti dentro il recinto della
rappresentanza e per questo deputati alle scelte.
Ma il
discorso sulla Costituzione è stato tutt'altro che accademico. Si è
trattato di una riflessione ampia e inclusiva, niente affatto
ecumenica. Essa serve a smascherare non soltanto la miseria, ma anche
la dannosità del discorso politico delle attuali “larghe intese”
del governo Letta, che non aiuta ad uscire dalla povertà materiale e
politica, ma anzi ne garantisce la funzionalità.
Quella
della Costituzione repubblicana è invece una cultura che incontra e
appartiene a un'altra Italia, sempre viva malgrado tutto. Fa
riferimento alle sue passioni, ai suoi sentimenti, a quel desiderio
di democrazia e politica che esiste, e fa conflitto. Parla a coloro
che si sono allontanati dalla giostra triste della politica
ufficiale, che festeggia se stessa nei talk show televisivi. Parla ai
rassegnati, agli arrabbiati, ai disillusi. A quel diffuso disincanto
che, fuori del palazzo, mostra la crisi radicale del senso stesso
della democrazia – almeno di quella che non si riduce a scegliere
una volta ogni cinque anni il prodotto mediatico più attraente, il
volto più telegenico e la battuta più brillante. Applicare la
Costituzione non è una semplice strategia difensiva, è il modo per
scoprire che un nuovo spazio politico dentro cui fare fronte comune
esiste già.
Per
noi l'appuntamento del 12 ottobre sarà da costruire con cura, con
questa apertura, senza escludere nessuna delle sensibilità che
attraversano questa riflessione, puntando al massimo coinvolgimento
di persone e di forze.
Cercherà di costruire uno spazio per la politica, a partire da donne
e uomini, associazioni e movimenti, che hanno vissuto esperienze di
conflitto ed elaborato riflessioni. E
non sarà una iniziativa di partito, né di partiti, né un taxi o
una zattera per salvare ceti politici.
Partire
dalla Costituzione significa aprire un altro orizzonte non solo
rispetto al recente passato (che stenta a passare) di orrore
berlusconiano, ma al presente e al futuro. Per fare tutto ciò
bisogna in primo luogo sconfiggere il progetto presidenzialistico e
autoritario di controriforma istituzionale e costituzionale, che
l’attuale maggioranza nel suo complesso sta portando avanti a tappe
forzate sotto la supervisione del presidente della repubblica. È
questo il programma fondamentale che tiene insieme il governo Letta e
ha portato, con il sostegno del Quirinale, all'indecente teatrino
delle mediazioni e dei rinvii sulla decadenza da senatore di
Berlusconi. Questo compito non può essere demandato solo alle
competizioni elettorali, per le quali non esiste neppure una legge
che ne garantisca l’esito democratico, visto che il Porcellum è
tuttora in vigore. Ma occorre da subito dare spazio e voce a un vasto
movimento democratico che rimuova i cardini entro cui l’attuale
politica – che noi abbiamo chiamato Bisanzio - si è rinchiusa.
Anche
una possibile competizione elettorale fra Berlusconi e Renzi
resterebbe del tutto interna alla grammatica del neoliberismo e del
berlusconismo. Fuori ed estranea alla cultura della Costituzione. E
sarebbe grave perché la rappresentanza non è neutra: fa cultura,
cambia il mondo materiale e immaginario in cui viviamo. Impone un
ordine che non ammette il dissenso (vedi Val di Susa) e produce
sistemi simbolici che strutturano le nostre menti. È quindi decisivo
delineare forme e contenuti nuovi per un rilancio della democrazia,
che non può fermarsi davanti ai luoghi di lavoro (dove una legge
sulla rappresentanza sindacale si impone, ancor più urgentemente
dopo la sentenza della Corte Costituzionale), né limitarsi a forme
di democrazia delegata non sufficienti ad esprimere il desiderio di
partecipazione.
È
indispensabile, di fronte a una crisi che si aggrava con conseguenze
di disoccupazione e d’impoverimento devastanti, in particolare per
un’intera generazione di giovani, affermare contenuti alternativi
di politica economica.
In
entrambi i casi non si può restare nei confini nazionali. Nessuno in
Europa si salva da solo e l’Europa non si può salvare senza i
paesi mediterranei, come il nostro, che oggi soffrono dell'oppressiva
supremazia tedesca.
Del
resto, la nostra Costituzione è sempre stata una stella polare per
l’Europa intera. Parte importante di quello che è stato chiamato
il modello sociale europeo, non a caso oggetto di un attacco senza
precedenti da parte delle politiche neoliberiste e di austerità. Ora
è l’Europa che, per essere realmente dei popoli, non dei mercanti
e dei mercati, ha bisogno di vivere una fase costituente nella quale
i popoli facciano sentire la loro voce. Per questo la nostra lotta è
immediatamente collocata in una dimensione europea.
A
partire dalla questione della pace. Gli avvenimenti in Siria e in
Medio Oriente stanno dimostrando che una strada politica per la
soluzione dei conflitti non è un’invenzione utopistica, ma una
politica praticabile, per quanto difficile. Davanti a ciò l’Europa
resta però muta. Eppure l’art. 11 della nostra Costituzione è uno
dei più elevati e moderni, perché il rifiuto della guerra è un
crinale di civiltà che deve essere conquista definitiva per
l’umanità.
Pace,
lavoro, ambiente, beni comuni sono i punti essenziali della nostra
Costituzione. Noi che siamo nati con la speranza di portare un nostro
contributo a fare diventare quei valori programma politico e su
questa base ricostruire nel nostro paese una rappresentanza politica
che parli anche al mondo e all’Europa, siamo da oggi
impegnati, a partire da subito nei territori, affinché il 12 ottobre
diventi una straordinaria giornata, non un fatto isolato, per
l'attuazione della Costituzione e per la ricostruzione di un tessuto
collettivo in cui possa crescere una soggettività politica nuova
– un’occasione anche per
ridare senso alla sinistra in Italia – capace di contrastare la
crisi democratica, politica ed economica che scuote il nostro paese.
* ALBA -
Comitato operativo nazionale. www.soggettopoliticonuovo.it
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