Wednesday, October 19, 2011
NéaPOLIS Roma - La città che cresce insieme
15 ottobre - Manifestazione dell'Indignazione. “Io c'ero. Apriamo un dibattito sulla sicurezza”. Claudio Napoli, Presidente dell'Associazione Nèa Polis racconta la sua avventura. Non solo indignazione ma anche analisi di ciò che si sarebbe potuto fare per evitare la violenza insieme ad alcuni suggerimenti.
Sono un giovane imprenditore e come molti altri cittadini sabato 15 ottobre ho partecipato alla giornata Internazionale dell’Indignazione promossa da movimenti e cittadini apartitici indignati e preoccupati della situazione di crisi culturale, economica e politica che l’Italia oggettivamente vive da anni. Un corteo infinito di persone pacifiche, portatori di nuove speranze che però è stato interrotto prepotentemente e brutalmente da una violenza voluta da altri.
Mi trovavo in Piazza San Giovanni in Laterano, dove si concentravano pacificamente almeno 200.000 persone quando ad un certo punto ho visto irrompere nella Piazza enormi automezzi della Polizia dotati di potenti idranti che caricavano la folla. E’ stato un trauma vedere improvvisamente migliaia di persone fuggire per abbandonare la piazza, la festa per mettersi in sicurezza, per non essere travolti. Poi gli scontri con gruppetti di Black Block, ossia di giovanissimi vestiti di nero con il volto coperto, equipaggiati con caschi, mazze, ecc.
Da quel momento non si è capito più nulla, l’unica certezza è stata l’interruzione forzata di una manifestazione democratica, legale e pacifica.
Alcuni cittadini mi facevano osservare che al G8 di Genova era successa la stessa dinamica, da un lato gruppetti di violenti sconosciuti liberi di aggredire banche, cassonetti, auto, negozi ed auto mentre dall’altro, gli apparati di sicurezza rispondevano lanciati indiscriminatamente sui cortei pacifici. Inoltre, perché a Genova come a Roma ogni volta un automezzo delle Forze dell’Ordine rimane isolato e quindi bersagliato dai violenti?
L’analisi
In numerose città del mondo si organizzavano lo stesso giorno le stesse manifestazioni ma a Roma la situazione è andata diversamente, fuori controllo. Perché?
Le cause sono molte. Andiamo per ordine. Una prima causa è legata al mancato arresto di questi violenti che da anni sono liberi di agire. Ad esempio, quanti ne sono stati arrestati sabato? Pochi, troppo pochi. Quindi, è presumibile pensare che alla prossima occasione saranno “liberi” di tornare a devastare. Chi sono? Perché i media seguono con interesse i casi di omicidi che diventano “pubblici” mentre poche inchieste si effettuano per rispondere alla domanda che tutti si ch! iedono “chi sono?”
In secondo luogo, i Black Block hanno dimostrato di conoscere i punti deboli del modello di gestione della sicurezza adottato dagli operatori istituzionali. In effetti, analizzando i fatti la Polizia affronta questi facinorosi frontalmente (caricando) e tardivamente (quando già uniti avviano le violenze).
Frontalmente. Caricando questi gruppetti di violenti, automaticamente vengono caricate le masse pacifiche che quindi sono costrette, pur essendo autorizzate, ad andare a casa. Quindi, viene leso “di fatto” il diritto dei moltissimi (99,99%) a manifestare a causa dei pochissimi (0,01%).
Tardivamente. Questi giovani violenti si muovono liberamente, portando con se caschi ed oggetti pericolosi. Arrivano alla spicciolata per poi unirsi in gruppi più numerosi.
L’intervento degli agenti avviene in una fase di “emergenza” quando queste squadrette di giovani sono già schierate, aumentate numericamente e passate all’azione.
L’obiettivo delle Forse dell’Ordine, soprattutto nelle manifestazioni apartitiche e non sindacali, dovrebbe essere quello oltre che garantire l’ordine pubblico anche la sicurezza dei cortei, altrimenti ogni volta che si organizzano eventi pubblici il comportamento criminoso di pochi si impone con prepotenza e troppa facilità sui molti.
Alcuni osservatori rilevano che la gestione dell’ordine pubblico in Italia è spesso lo stesso di quello degli anni 70-80. Ossia manganello e cariche. In questo modo, i poveri agenti spesso rischiano la loro incolumità quando invece un modello diverso potrebbe preservarla ed ottenere migliori risultati in termini di arresto dei violenti.
Nell’interesse degli operatori della sicurezza e dei cittadini, si dovrebbe aprire un dibattito pubblico per studiare nuove tecniche di gestione della sicurezza, da applicare quando possibile, al fine di intervenire diversamente (non frontalmente) e tempestivamente (impedendo sul nascere l’organizzazione di questi giovani violenti).
Una proposta
Una proposta è quella di vietare la partecipazione alle manifestazioni di persone violente o con intenzioni violente quindi che si presentano con il volto coperto, accompagnati da caschi o altri oggetti. Per impedire la loro partecipazione, occorre inserire, di concerto con gli organizzatori della manifestazione, squadre di agenti in borghese organizzati in gruppi da 20-30 inseriti, come tutti i cittadini normali, nel corteo ogni 150 metri con l’obiettivo di intervenire immediatamente sui soggetti che manifestano intenzioni violente per immobilizzarli, identificarli e quindi impedire loro successivamente di unirsi ed organizzarsi.
Ogni trent’anni è giusto rivedere i modelli di gestione dell’ordine pubblico e questa sconfitta (per tutti, tranne per il 99,9% dei manifestanti) rappresenta un’opportunità per farlo nell’interesse della democrazia e della sicurezza dei cittadini e degli agenti che rischiano la propria vita quando si potrebbe intervenire spegnendo il cerino sul nascere prima che si trasformi in un incendio.
* Roma 18 ottobre 2011. Claudio Napoli.
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