Cambiare si
può: una
campagna di scopo necessaria e difficile che non è riuscita
È dalla due giorni di Parma
(30 giugno -1 luglio 2012) che come ALBA abbiamo sollevato con forza la
questione di un'alternativa al PD e al montismo, sul piano politico ed anche
elettorale.
Ribadendo poi (nella
lettera aperta del 10 settembre), che la profondità della crisi della politica
apriva uno spazio immenso, un fiume in piena di “senza rappresentanza”, risorsa
e minaccia insieme. Ma per intercettare quegli elettori imprimendo davvero una
svolta al nostro sistema politico, si doveva aprire un percorso di contenuti e
metodi all'altezza della devastazione in atto.
Di fronte a una crisi non solo di “economia” ma di cultura e di democrazia, in questa fase costituente del neoliberismo, occorreva “mettersi in cammino”, e non da soli, per una lista di democrazia radicale, per un’altra Europa, antiliberista, per il lavoro e per i beni comuni, per la giustizia ambientale e sociale. Una lista, non certo della sola ALBA, che desse voce a quell’Italia vasta, tutt’altro che minoritaria, che tra il 2010 e il 2011 aveva mosso il paese e prodotto la rottura culturale vera con il berlusconismo. Questo avrebbe richiesto regole nuove e radicalmente democratiche per selezionare candidature, incarichi, funzioni. Con una forte discontinuità con i modelli politici esistenti.
Di fronte a una crisi non solo di “economia” ma di cultura e di democrazia, in questa fase costituente del neoliberismo, occorreva “mettersi in cammino”, e non da soli, per una lista di democrazia radicale, per un’altra Europa, antiliberista, per il lavoro e per i beni comuni, per la giustizia ambientale e sociale. Una lista, non certo della sola ALBA, che desse voce a quell’Italia vasta, tutt’altro che minoritaria, che tra il 2010 e il 2011 aveva mosso il paese e prodotto la rottura culturale vera con il berlusconismo. Questo avrebbe richiesto regole nuove e radicalmente democratiche per selezionare candidature, incarichi, funzioni. Con una forte discontinuità con i modelli politici esistenti.
Con queste motivazioni abbiamo contribuito all’ideazione e poi
attivamente sostenuto lo sviluppo dell'appello/campagna “Cambiare si può.
Noi ci siamo”, che fin dall'inizio si è configurato come campagna di
scopo con un obiettivo preciso: aprire, nelle elezioni del 2013, un varco
per la società attiva, dare una rappresentanza istituzionale a chi è senza
rappresentanza. Una campagna basata da un lato su punti programmatici irrinunciabili,
dall'altro su un rinnovamento radicale nel metodo di selezione di candidature
provenienti dalla cittadinanza politica attiva, affermando criteri estranei
alle pratiche verticistiche leaderistiche e di lottizzazione su cui nel 2008
s'infransero le speranze della Sinistra arcobaleno. “Cambiare si può” non è, non è mai stato, né mai
ha voluto essere un soggetto politico. Le 70 persone che ne hanno sottoscritto
il documento iniziale proponevano una “cornice” comune per la formazione di una
lista elettorale di “cittadinanza politica attiva”. Quel progetto non si è
realizzato e resta quindi nel suo stato originario di proposta politica e
organizzativa da approfondire in futuro.
Dobbiamo dire quindi che tale campagna non ha raggiunto il suo scopo: non
ci sarà una lista ‘Cambiare si può’. Ci sarà invece la lista Rivoluzione
civile guidata da Ingroia ed in cui la cabina di regia è in mano ai
partiti. Non ravvisiamo, come molti dei 70 promotori, nella Lista Rivoluzione civile-Ingroia una
corrispondenza sufficiente con l'orizzonte fondativo di Cambiare si può.
Essa è una tradizionale
lista retta dai partiti che mostra attenzione ad avere candidature altre, anche
belle speriamo. Lo diciamo senza ostilità, e naturalmente rispettando la
volontà dell’oltre 60% degli aderenti di Cambiare si può di continuare
la trattativa con la lista Ingroia.
Sapevamo
fin dall'inizio che l'impresa elettorale sarebbe stata molto ardua: per i tempi stretti che sono stati
ulteriormente ridotti dall'anticipazione della data elettorale, per la scarsità
di risorse economiche e di spazi mediatici, anche per la difficoltà ad avere
una figura di leader che potesse davvero rappresentare la società civile
attiva. Poi nel corso della campagna - e anche nelle 105
assemblee di Cambiare si può - si sono manifestate spinte identitarie e
di autoconservazione dei ceti politici di partito che hanno distolto energie e
alla fine influito in parte, cambiandola, sulla composizione stessa dei
partecipanti. Ci sono stati indubbiamente ingenuità ed errori nel percorso, per
questo sarà opportuno costruire, dandoci il tempo e il distacco necessario, un
momento di riflessione seminariale partecipato sulla storia di questo
tentativo, per trarne insegnamenti utili per una migliore applicazione di
questo modello in vista di future scadenze elettorali, soprattutto locali.
È comunque importante che la lista Rivoluzione civile-Ingroia, per
quanto diversa da quella per cui abbiamo lavorato, raggiunga requisiti tali da
essere votabile, con candidature almeno equilibrate nei generi e provenienti
dalla cittadinanza attiva in posizioni eleggibili. Quando le tappe della
formazione della lista Rivoluzione civile saranno state completate, ALBA
deciderà la propria posizione ai sensi di statuto. Nel frattempo continuiamo a lavorare in modo aperto e inclusivo con tutte
quelle persone, di realtà associative e militanti di altri soggetti con cui c’è
stato un confronto costruttivo, che abbiamo incontrato nei territori in questi
mesi faticosi e vivi, e con cui ci siamo “riconosciuti” nella comune ricerca di
un'altra politica, ben oltre il tempo breve della prossima scadenza elettorale.
* 5 gennaio
2013. ALBA – Comitato operativo nazionale.
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